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durante il colèra del 1867. 321

grido; era un altro avvelenatore che un’altra frotta di forsennati aveva assalito e percosso; tutti si voltarono da quella parte; il merciaiuolo, rimasto libero un istante, ributtò con uno spintone due che gli stavano al fianco, si gettò in una porta, la chiuse. La folla, intravvisto quell’atto, s’avventò contro la porta e cominciò a percuoterla rabbiosamente co’ sassi e colle zappe. Il merciaiuolo s’era ricoverato in una stanzuccia a terreno; v’era dentro una donna che aveva visto dalla finestra tutta la scena di poco prima; all’apparir dell’avvelenatore si tenne per morta; il coraggio e la rabbia della disperazione l’invasero; gli si slanciò contro come una furia, gli si avviticchiò al collo, e cominciò una lotta feroce di morsi e di graffi. Stramazzati tutti e due, si avvoltolavano per terra come due belve, tenacemente abbracciati, l’un sopra l’altro a vicenda, mescendo l’alito e il sangue; la folla sporgeva le braccia dentro la stanza a traverso l’inferriata della finestra, e tendeva le mani convulse per afferrare la sua vittima, ululando orrende parole, e la porta cominciava a scricchiolare ed a cedere.... I soldati! I soldati! — gridarono in quel punto molte voci. Dopo un istante il povero merciaiuolo udì avvicinarsi nella via un rumor concitato di passi, vide luccicare di là dalle finestre le baionette, senti sonare una voce poderosa al di sopra del tumulto che diceva: — Pane per tutti! — e subito dopo i colpi alla porta rallentarsi e cessare, le braccia dei suoi assalitori ritrarsi dalla inferriata, e alle grida irate della folla succedere un sordo mormorio. La donna era rimasta in terra stremata di forze; egli era salvo. — Il comandante del distaccamento era stato avvisato per tempo di ciò che stava accadendo in paese, aveva radunato in un attimo tutti i suoi soldati, aveva fatto prender

da ciascuno il suo pane, ed era così accorso a se-


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