Pagina:De Amicis - La vita militare.djvu/363

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una medaglia. 355

bine, s’eran dati alla fuga. I soldati li avevano inseguiti per un buon tratto di via.

Il soldato ferito in capo a pochi giorni guarì. La prima volta che il capitano lo vide, passandogli dinanzi alla rivista, lo guardò fissamente negli occhi e gli disse: — Bravo! — Subito dopo un suo vicino gli susurrò nell’orecchio: — E tu dici che ti ha in tasca? T’ha detto bravo! — Per forza! — egli rispose scrollando la testa, e sogghignò.

Tre mesi dopo quel giorno il reggimento fu trasferito in Ascoli. Era trascorsa una settimana dall’arrivo alla nuova stanza, quando il colonnello ordinò che l’indomani tutto il reggimento vestisse l’uniforme di parata per assistere a una solennità militare sulla piazza principale della città. Si doveva decorare un soldato della medaglia al valor militare.

— Così presto? pensò il nostro capitano, quando gli fu detto l’ordine del colonnello. E corse subito alla camera del furiere e gli domandò ansiosamente: — Ha sentito l’ordine? Ha fatto tutto? — Tutto, fin da tre giorni. — Oh respiro! Vediamo dunque; carta, penna e calamaio; voglio esser sicuro del fatto mio.

Sedettero a tavolino e il furiere prese a tracciare sopra un brano di carta certe strade e certe case, parlando a bassa voce, e ripigliando di tratto in tratto il discorso.

Dopo un po’ di tempo s’alzarono tutt’e due, e il capitano, accomiatandosi, soggiunse: — Terza casa a destra, seconda porta? — Terza casa, seconda porta. — Di sicuro? — Il furiere fece un atto come per dire: — Diavolo, ne può dubitare?

Un’ora dopo il capitano era a cavallo sulla via che da Ascoli corre ad Acquasanta, piccolo paese posto sulla riva del Tronto, a mezza distanza, credo, o presso a poco, fra Ascoli e Arquata.