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partenza e ritorno. 369

dici insieme a braccetto; canti, fischi, grida, che n’echeggiavano tutte le strade d’intorno. Nel punto che la musica e i soldati rientravano in caserma, applausi, evviva, strette di mano, saluti: — a domani! a domani! — Parevan tutti soldati. Là ti sentivo, Piemonte!

II.

Quanto eravamo tutti migliori in quei giorni!

L’aspettazione di quella guerra solenne per cui doveva esser rivendicata la libertà e restituita la patria a un popolo tanto illustre, tanto amato, che aveva tanto patito; il sapere che anche il popolo delle classi più povere capiva, sentiva che quella era una guerra giusta, santa, ch’era necessità e dovere di farla; il vedere que’ poveri giovani della campagna, rozzi, ignari di tutto, venire anch’essi a fare i soldati con tanto buon volere, con tanto buon cuore, e partecipare così presto, se non dell’entusiasmo, dell’allegrezza comune; l’udire che dappertutto seguiva lo stesso, che dappertutto accorrevano ad iscriversi fra i volontari centinaia e centinaia di giovani d’ogni condizione, e che i padri e le madri stesse li accompagnavano, e il popolo li salutava e li benediceva; che in quella meravigliosa unanimità di speranze e di voti si componevano le discordie politiche e non si udiva più che un sol grido; tutto questo metteva negli animi una serenità, una letizia così piena e viva che pareva felicità. Ogni mala passione ci fuggiva dal cuore; si perdonavano antiche offese, si sopivano antichi rancori, si cercavano, o si ritrovavano, per ufficio d’amici comuni, i nemici, e si metteva una pietra sul passato. Quel pensiero sempre

presente, quell’affetto profondo che ci occupava di con-


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