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il più bel giorno della vita. 449

in campagna o a bere un bicchiere in compagnia. Uscendo di quartiere, portavo ogni giorno, per abitudine, una grossa fetta di pane in tasca, e la davo a uno dei poveri che stavano davanti alla porta del quartiere, il più delle volte a un ragazzino che poi le dirò chi fosse. Me la passavo bene, via, e non avevo da lamentarmi di niente e di nessuno. Oh.... senta adesso, signor colonnello. Una bella sera.... veda come tante volte dalle piccole cose.... a pensarci mi pare ancora impossibile.... basta; una sera esco solo di caserma, e mi avvio per la solita passeggiata. Potevano essere le cinque. Dovevo passare per una strada tutta disselciata e ingombra di mucchi di terra, di ciottoli, e di operai che lavoravano. Arrivato al punto dove incominciavano gl’ingombri, vedo un povero tutto lacero, vecchio, cieco, che stentava a reggersi in piedi e voleva andar oltre e si peritava e tastava qua e là col bastone senza saper da che parte voltarsi. La gente guardava e non si moveva. — Accompagnalo tu — disse una donna da una finestra, rivolgendosi a un ragazzo; il ragazzo fece una spallata. — Ma che non ci sia proprio nessuno che abbia un po’ di carità per quel povero disgraziato? la donna domandò. — Ci son io, — risposi; e senza dir altro presi il vecchio a braccetto, e adagio adagio, facendogli scansare i sassi, insegnandogli dove doveva mettere i piedi, un passo dopo l’altro, con santa pazienza, lo condussi fuor di pericolo, dove ricominciava la strada piana. Allora il vecchio mi ringraziò, mi toccò per sapere chi fossi, e sentito il pennacchio e la daga, disse tutto contento: — Ah! è un bersagliere.... Bravo bersagliere! — E andò via. In quel punto alzo gli occhi e vedo a una finestra una ragazza che mi guarda. Appena mi vide, scomparve; ma l’avevo sorpresa che mi guardava con un’aria tanto buona, così

colla testa un po’ chinata da una parte, come se dicesse: —


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