Pagina:De Amicis - La vita militare.djvu/49

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l’ospitalità. 41

lo guardò un momento e poi, dissimulando la commozione, gli rispose che non c’era altra stanza disponibile, che bisognava ch’egli dormisse in quella.

— Mi metta a dormire in cucina.

— Ma vi pare! mettervi a dormire in cucina io che vi cederei il mio letto se non n’avessi un altro da darvi, e che per voi dormirei anche giù per le scale? E poi in cucina dorme la donna di servizio.

— Allora... allora mi metta a dormir lì fuori.

— Dove lì fuori?

— Sul pianerottolo.

— Oh!

— Ci starei bene, sa? Prima di tutto mi troverei al coperto, e poi ho la mia coperta da campo, e lo zaino per appoggiarvi la testa; e poi, già, io ci sono assuefatto a dormire al fresco e... e poi domattina farei più presto a scendere giù; sì, sì, mi lasci dormire sul pianerottolo, signor padrone; mi ci lasci dormire. —

E stette aspettando la risposta in un certo atteggiamento di timidità e d’ansietà puerile, e con un sorriso pieno d’una così viva ed ingenua espressione di preghiera, che il padrone ne fu tocco nel più vivo dell’anima; lo guardò, s’intese battere il cuore forte forte, si sentì un impulso come d’una mano gagliarda che lo spingesse verso il suo ospite, allargò le braccia, le ritrasse, e, stringendo rapidamente la mano al soldato. — Buona notte! — gridò con voce soffocata, e scomparve.

— Buona notte! — ripetè il soldato, e rimase attonito in mezzo alla stanza coll’occhio fisso alla porta. Lo riscosse un lieve rumore alle spalle; si volse, era un bell’orologio a pendolo accosto alla parete. Lo guardò per un pezzo e poi rivolse gli occhi al letto; un bellissimo letto con parato di percalle e coperta a fiorami e piumino. Guardò il tavolino: c’era su un bel lume da notte