Pagina:De Amicis - La vita militare.djvu/93

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il figlio del reggimento. 85

il reggimento se ne va, allora cerchiamo la mamma, ce le andiamo a mettere accanto e stiamo lì con un viso serio serio per farci fare una domanda, che provocherà uno sfogo al nostro dolore. — Che cos’hai, bambino? — Non si risponde; si stringon le labbra. — Che cos’hai? parla, bambino; diglielo che cos’hai a tua madre. — Non si risponde; vien giù una lagrima. — Oh in nome del cielo, non mi tenere in ansietà! Che cosa ti è accaduto? che cosa è stato? — Allora si scoppia in pianto e ci si getta nelle sue braccia e le si dice la cosa com’è, e la madre, commossa, ci passa la mano sulla fronte esclamando: — Oh povero ragazzo! Datti pace, ne verranno degli altri; — e allora noi sentiamo il nostro dolore tramutarsi a poco a poco in un sentimento di mestizia calma e rassegnata.

O madri, lasciateli venir con noi i vostri ragazzi; noi li ameremo come fratelli, come figliuoli; usciti di mezzo a noi essi ritorneranno al vostro seno più amorosi e più forti, perchè fra i soldati s’impara ad amare, e di un affetto che fortifica precocemente la tempra dell’animo e del cuore.

In prova di ciò racconterò un fatto che seguì qualche anno fa in un reggimento del nostro esercito, e che mi fu narrato da un amico il quale v’ebbe molta parte; cercherò di richiamarmi alla memoria le sue stesse parole. Sentite dunque; ma, intendiamoci, è il mio amico che parla, non son’io.

II.

Una delle ultime sere di luglio del 1866, la nostra divisione, partita nel pomeriggio da Battaglia, grosso borgo situato alle falde orientali dei colli Euganei, entrava