Pagina:De Amicis - La vita militare.djvu/95

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il figlio del reggimento. 87

tito sonare intorno un continuo ed altissimo evviva.... Ma che! Non erano evviva, erano grida inarticolate, rotte dai singhiozzi, soffocate dagli amplessi; erano gemiti come di petti oppressi e spossati dalla foga della gioia; voci di un tal accento che il mio orecchio non aveva inteso mai prima d’allora, ma che molte volte m’eran sonate nella mente, immaginando meco stesso l’espressione d’una gioia superiore alle forze umane. La folla si rimescolava con una rapidità vertiginosa, e ondeggiando ondeggiando portava i soldati di qua, di là, sempre però avanzando nella direzione che aveva presa la colonna in sull’entrare; e al di sopra delle teste della moltitudine si vedeva un grande agitarsi di braccia, di fucili e di bandiere, e quelli e queste raggrupparsi ed urtarsi con impeto e dividersi e sparpagliarsi subitamente a seconda dell’impetuoso abbracciarsi e del rapido svincolarsi che facevano cittadini e soldati; e i ragazzi afferravano i soldati per le falde del cappotto o pel fodero della baionetta e se ne disputavano gelosamente le mani per piantarvi sopra la bocca; e le donne anch’esse, giovani, vecchie, povere e signore alla rinfusa, stringevan la mano ai soldati e mettevan loro dei fiori negli occhielli del cappotto e domandavano soavemente se fossero venuti di molto lontano e si sentissero stracchi, e porgevano sigari e frutta, e offerivano la mensa e la casa, sdegnandosi con amabile affettazione dei rifiuti e rinnovando calorosamente inviti e preghiere; e non si vedeva in tanta moltitudine una faccia che dalla profonda emozione non fosse trasfigurata; occhi dilatati ed accesi, guancie pallide e rigate di lacrime, labbra frementi; e in ogni atto poi, in ogni cenno, in ogni movenza un che di convulso, di febbrile, che ti si trasfondeva nel sangue mettendoti un tremito violento per tutte le membra; tantochè ai saluti e alle benedizioni della gente tentavi più volte