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Pagina:De Amicis - Marocco.djvu/197

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karia-el-abbassi 187


rimasi profondamente stupito di trovarmi in quel luogo e pensai a me stesso, seduto nella mia cameretta a Torino, come a un’altra persona. Il Governatore, alzandosi, mi richiamò al sentimento della realtà. Strinse la mano a tutti, infilò i piedi nelle babbuccie, s’inchinò con bel garbo e disparve per la porticina. — Va a portar notizie alla sua favorita — disse uno. Se potessi sentire quello che gli domanda! — pensai — Come sono? Cosa sono? Come parlano? Che vestiti hanno? Oh lasciameli vedere, amor mio, un momento solo, a traverso le fessure della porta ed io ti colmerò di carezze! — E probabilmente l’amante cortese cedette, e la bella misteriosa, spiandoci all’uscita, esclamò: — Allà mi protegga! Che spaventose figure!


Andando all’accampamento, ch’era a un mezzo miglio dalla casa del Governatore, sopra un altopiano coperto d’erba secca, ci sentimmo per la prima volta scottar dal sole in maniera che ognuno di noi cominciò, come dice della plebe milanese, ai tempi della peste, il Tadino, «a chiudere li denti et inarcare le ciglia.» E non erano che gli otto di maggio! E non eravamo ancora a cento miglia dalla costa del Mediterraneo! E ci rimaneva da attraversare la grande pianura del Sebù!