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giavano due cube, la prima illuminata dal sole, la seconda, visibile appena. Erano le cube di Sidi-Ghedar e di Sidi-Hassem, fra le quali passa il confine della terra dei Beni-Hassen. Presso alla cuba più lontana si doveva piantare quel giorno l’accampamento.

Molto prima però di giungere al confine, il Governatore Sidi-Abd-Allà, che fin dal momento della partenza pareva pensieroso e irrequieto, si avvicinò all’Ambasciatore e fece cenno di voler parlare.

Mohamed Ducali accorse.

— L’Ambasciatore d’Italia mi perdonerà — disse il fiero Governatore — se io oso domandargli il permesso di tornar indietro colla mia scorta.

L’ambasciatore domandò perchè.

— Perchè, — rispose Sidi-Abd-Allà corrugando i suoi grandi sopraccigli neri, — la mia casa non è sicura.

Nientemeno! pensammo noi. A due miglia di distanza! Che delizia di mestiere ha da essere quello di governare i Beni-Hassen!

L’Ambasciatore acconsentì; Sidi-Abd-Allà gli prese la mano e se la strinse sul petto con una energica espressione di gratitudine. Ciò fatto, voltò il cavallo, e quella turba variopinta, cenciosa, terribile, slanciati i cavalli a briglia sciolta, in pochi momenti non fu più che un nuvolo di polvere all’orizzonte.