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Pagina:De Amicis - Marocco.djvu/253

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zeguta 243


pensiero lucido nel capo, cominciavo a parlare, dicevo: — una volta sono andato.... Dove sono andato? Chi è andato? Tutto era svanito. I pensieri brillavano e si spegnevano come lucciole, fitti, intricati, inestricabili. A un certo punto vidi l’Ussi con una testa allungata come un’immagine riflessa da uno specchio convesso; il Viceconsole con un viso largo due palmi; tutti gli altri assottigliati, gonfi, scontorti, contraffatti come caricature fantastiche, che mi facevano delle smorfie inesprimibilmente buffe; ed io ridevo e dondolavo il capo e sonnecchiavo e pensavo ch’eran tutti matti, che ci trovavamo in un altro mondo, che nulla di quel che vedevo era vero, che stavo male, che non capivo che cosa fosse accaduto, che non sapevo dove fossi. E poi tutto fu buio e silenzio. E quando rinvenni in me, mi trovai sotto la mia tenda, steso sul letto, col dottore accanto, il quale, guardandomi al lume della candela, disse sorridendo: — È passata, via; ma dev’esser la prima e l’ultima volta.