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Pagina:De Amicis - Marocco.djvu/267

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fez 257


dallo spettacolo dell’entrata e intento a salvarmi la vita, poichè si camminava sui pietroni in mezzo a una calca di cavalli, e guai a chi avesse fatto un capitombolo. Passammo, mi ricordo, per parecchie strade strette, deserte, fiancheggiate da case molto alte, salendo, scendendo, soffocati dal polverìo e assordati dallo scalpitìo dei cavalli; e dopo una buona mezz’ora di cammino, attraversato un labirinto di vicoli in salita dove ci toccò passare a uno a uno, scendemmo dinanzi a una piccola porta, in mezzo a due file di soldati scarlatti che ci presentarono le armi, ed entrammo in casa nostra.


Fu una sensazione deliziosa. Era una casa principesca di puro stile moresco con un piccolo giardino ombreggiato da filari paralleli d’aranci e di limoni. Dal giardino s’entrava nel cortiletto interno per una porta bassissima, e un corridoio appena tanto largo da potervi passare una persona. Tutt’intorno al cortile s’alzavano dodici pilastri bianchi, congiunti da altrettanti archi a ferro di cavallo, che sostenevano all’altezza del primo piano una galleria arcata e munita d’una balaustrata di legno. Il pavimento del cortile, della galleria e delle stanze era tutto uno splendido musaico a quadrettini smaltati di vivi