Vai al contenuto

Pagina:De Amicis - Marocco.djvu/286

Da Wikisource.
276 fez


poichè il giorno dopo, non vedendole più, domandammo a un servo arabo che cosa ne avessero fatto, ed egli rispose con un gesto: — Sepolte. — Ma s’affrettò a soggiungere, come per consolarci: — Ce n’è già per strada molte altre.


Due giorni prima del ricevimento solenne, fummo invitati a colezione da Sid-Mussa.

Sid-Mussa non ha il titolo nè di gran vizir, nè di ministro, nè di segretario; si chiama semplicemente Sid-Mussa; è nato schiavo; è un mancipio del Sultano, che domani può spogliarlo d’ogni suo avere, cacciarlo in fondo a una prigione o fare appendere il suo capo ai merli di Fez, senza renderne conto a nessuno; ma è nello stesso tempo il ministro dei ministri, l’anima del governo, la mente che tutto abbraccia e tutto move dall’Oceano alla Muluia e dal Mediterraneo al deserto, e dopo il Sultano il personaggio più famoso dell’Impero. Si può dunque immaginare la curiosità che ci fremeva dentro, la mattina che, circondati, come al solito, di gente armata, e accompagnati dal Caid e dagl’interpreti, ci recammo, con un lungo codazzo di popolo, a casa sua, che si trova nella nuova Fez.

Fummo ricevuti alla porta da uno stuolo di servi arabi e neri, ed entrammo in un giardino