Pagina:De Amicis - Marocco.djvu/41

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tangeri 31


il significato riposto di quella eterna parola che mi risuona all’orecchio. È una musica barbara, ingenua e piena di dolcezza, che mi fa risalire col pensiero fino alle età primitive, mi ravviva le impressioni infantili delle prime letture della Bibbia, mi richiama alla mente dei sogni dimenticati, mi desta mille curiosità di paesi e di popoli favolosi, mi trasporta a grandi lontananze, in boschi d’alberi sconosciuti, in mezzo a sacerdoti secolari curvi intorno a idoli d’oro; o in pianure sconfinate, in solitudini solenni, dietro le carovane stanche che interrogano collo sguardo l’immenso orizzonte infocato e ripiegano la testa raccomandandosi a Dio. Nulla di quello che mi circonda mi fa sentire un così mesto desiderio di riveder mia madre, come quelle poche note d’una voce fioca e d’una chitarra scordata.

Una stranissima cosa son le botteghe moresche. Sono tutte una specie d’alcova, alta circa un metro da terra, con una sola apertura verso la strada, alla quale il compratore s’affaccia, come ad una finestra, appoggiandosi al muro. Il bottegaio sta dentro, seduto all’orientale, con una parte delle merci ammontata dinanzi, e una parte dietro, disposta in piccoli scaffali. È cu-