Pagina:De Amicis - Marocco.djvu/447

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mechinez 437


provviso la città sospirata, e tutti i lamenti morirono in una esclamazione di meraviglia.


Mechinez, distesa sopra una lunga collina, circondata di giardini, stretta da tre ordini di grosse mura merlate, coronata di minareti e di palme, allegra e maestosa come un sobborgo di Costantinopoli, si presentava intera al nostro sguardo, disegnando le sue mille terrazze bianche sull'azzurro del cielo. Non un nuvolo di fumo usciva da quella moltitudine di case, non si vedeva un'anima viva nè sulle terrazze nè davanti alle mura, non si sentiva il più leggero rumore: pareva una città disabitata, o una immensa scena di teatro.


Fu rizzata subito la tenda della mensa in mezzo a un campo nudo, a ducento passi da una delle quindici porte della città, e pochi minuti dopo ci sedemmo per saziare, come dicono i prosatori eleganti, «il naturale talento di cibo e di bevanda.»

Appena eravamo seduti, uscì dalla porta della città e s'avanzò verso l'accampamento un drappello di cavalieri pomposamente vestiti, preceduti da una schiera di soldati a piedi.

Era il Governatore di Mechinez coi suoi parenti e i suoi ufficiali.

A venti passi dalla tenda, scesero dai loro