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sul sebù 463


nella stessa stanzina bianca, in cui trentacinque giorni innanzi avevamo visto la bella figliuoletta del nostro ospite far capolino dietro il turbante paterno.


Qui Sid Bekr-el-Abbassi presentò all’Ambasciatore, fra gli altri personaggi, un moro sui cinquant’anni, di aspetto signorile e di modi simpatici, che nessuno di noi, credo, ha mai più dimenticato, non per sè, ma per le strane cose che ci raccontarono della sua famiglia. Era fratello d’un Sid-Bomedi, antico governatore della provincia di Ducalla, il quale languiva da otto anni nelle prigioni di Fez. Tiranno e scialacquatore sfrenato, dopo aver dissanguato il suo popolo, contratto imprestiti rovinosi coi negozianti europei, ammontato debiti su debiti, fatto ira di Dio in casa sua e fuori, era stato arrestato e condotto a Fez per ordine del Sultano, il quale credendolo possessore di tesori nascosti, aveva fatto spianare la sua casa, frugare fra i ruderi, scavare fra le fondamenta, e bandito dalla provincia, sotto pena di morte, tutta la sua famiglia, per timore che, conoscendo il nascondiglio, non s’impadronisse dei denari. Ma non essendosi trovato, forse perchè non c’era, il tesoro che si cercava, e persistendo il Sultano a credere che ci fosse, e che il prigioniero non lo volesse rivelare, questo non aveva più rivi-