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Pagina:De Amicis - Marocco.djvu/491

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arzilla 481


Abd-er-Rhaman ben Alì califfo di Cordova, posseduta dai Portoghesi e ripresa dai Marocchini, non è più che una cittaduzza di poco più di mille abitanti tra mori ed ebrei; circondata, dalla parte di terra e dalla parte di mare, da alte mura merlate, che cadono in rovina; bianca e quieta come un chiostro, e improntata, come tutte le altre piccole città maomettane, di quella ridente malinconia, che fa pensare al sorriso d’un moribondo, il quale goda di sentirsi mancare la vita.


La sera, sul tramonto, arrivò l’Ambasciatore, che venne all’accampamento attraversando la città; e ho ancor vivo dinanzi agli occhi lo spettacolo di quella bella cavalcata piena di colori e di vita, che uscendo da una gran porta merlata, s’avanzava in un pittoresco disordine, lungo la riva dell’Oceano, gettando sulla sabbia rosata dal crepuscolo, le sue lunghissime ombre nere; e risento la tristezza che provai in quel momento dicendo tra me: — Peccato! Peccato che questo bel quadro si debba dissolvere, questo bel quadro che contiene tant’Affrica e tanta Italia, tanti lieti pronostici e tante care memorie! — E là infatti si può dire che terminasse il nostro viaggio, poichè la mattina seguente ci accampavamo a Ain-Dalia, e due giorni dopo rientravamo in Tangeri, dove la