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66 | tangeri |
pezzo. Improvvisamente, non so per che ragione, si saltarono addosso, si avviticchiarono l’uno all’altro come due tigri, e cominciarono a lacerarsi il viso e il collo a morsi e a unghiate con una furia che metteva orrore. Due uomini robusti, usando di tutta la loro forza, li separarono a stento, già sgocciolanti di sangue, e dovettero trattenerli ancora perchè non tornassero ad avvinghiarsi.
Gli schermitori facevan ridere. Eran quattro, e tiravano di bastone a due a due. Non si può dire la stravaganza e la goffaggine di quella scuola; e la chiamo scuola perchè in altre città del Marocco vidi poi che tiravano nella stessa maniera. Eran mosse da funamboli, salti senza scopo, contorsioni, sgambettate, e colpi annunziati un minuto prima con un gran giro del braccio; ogni cosa fatta con una flemma beata, che avrebbe dato modo a un nostro tiratore di addossare a tutti quattro un prodigioso carico di legnate senza pericolo di toccarne una sola. Gli arabi spettatori, però, stavano là a bocca aperta, e molti di tratto in tratto mi guardavano, come per cercare nei miei occhi l’espressione della meraviglia. Io volli contentarli e finsi un’ammirazione benevola. Allora qualcuno si scansò perchè potessi spingermi un po’ più avanti, ed io mi trovai circondato, stretto da ogni parte dagli arabi, e potei soddisfare il