Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/179

Da Wikisource.

madrid. 173


grande città. S'entra nel Circo per molte porte; prima d'entrare s'è già assordati.

Entrai: il Circo è immenso. Visto di fuori non presenta nulla di notevole, è un edifizio rotondo, basso, senza finestre, intonacato di giallo; ma all'entrare, si prova un senso vivissimo di meraviglia. È un Circo per un popolo, ci stanno diecimila spettatori, ci potrebbe armeggiare un reggimento di cavalleria. L'arena è circolare, vastissima, da contener dieci dei nostri circhi equestri, cinta da una barriera di legno, alta fin quasi al collo d'un uomo, munita dalla parte interna d'un piccolo rilievo, a pochi palmi da terra, sul quale mettono il piede i toreros per saltar al di là, quando il toro gl'insegue. Dopo questa barriera, ve n'è un'altra più alta, perchè il toro salta sovente al di là della prima; fra questa e quella corre tutt'intorno all'arena una corsía, larga un po' più d'un metro, nella quale vanno e vengono i toreros prima del combattimento, e stanno durante il combattimento i servitori del Circo, i falegnami pronti a riparare ai guasti che può fare il toro, le guardie, i venditori d'aranci, i dilettanti che godono dell'amicizia dell'Impresario, i pezzi grossi ai quali è concesso di fare un buco nel regolamento. Al di là della seconda barriera, s'alza una gradinata di pietra; al di là della gradinata i palchi; sotto i palchi corre una galleria occupata da tre giri di sedili. I palchi son grandi da capire ciascuno due o tre famiglie; il palco del Re è una gran sala; accanto al palco del Re, v'è quello del