Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/185

Da Wikisource.

madrid. 179


enorme si slancia nell'Arena; un grido formidabile, scoppiato a un punto da dieci mila petti, lo saluta. La strage comincia.

Ah! si ha un bell'avere la fibra forte: in quel momento si diventa bianchi come cadaveri!

Io non ricordo che in confuso ciò che seguì nei primi istanti; non so dove avessi la testa. Il toro si slanciò contro il primo picador, poi retrocedette, riprese la corsa, e si slanciò contro il secondo; seguì una lotta, non ricordo; di lì a un minuto il toro si slanciò contro il terzo; poi corse in mezzo all'Arena, si fermò e guardò. Guardai io pure e mi copersi il viso colle mani. Tutta la parte dell'Arena che il toro aveva percorso era rigata di sangue; il primo cavallo giaceva in terra, col ventre squarciato, colle viscere sparse; il secondo, col petto aperto da una larga ferita da cui sgorgava il sangue a fiotti, andava qua e là barcollando; il terzo, ch'era stato buttato a terra, si sforzava di rialzarsi; i chulos, accorsi in fretta, sollevavano da terra i picadores, toglievan la sella e le briglie al cavallo morto, cercavan di mettere in piedi il ferito; un urlìo d'inferno risuonava da tutte le parti del Circo. Così comincia per lo più lo spettacolo. I primi a ricever l'urto del toro sono i picadores; l'aspettano di piè fermo, e gli piantano la lancia tra capo e collo nell'atto ch'ei s'abbassa per dar la cornata al cavallo. La lancia, si noti, non ha che una piccola punta, che non può aprire una ferita profonda, e i picadores debbono, facendo forza col braccio, tener il toro lontano, e salvare