Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/191

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madrid. 185


sul muso, lo provoca, l'insulta, se ne trastulla; tutt'a un tratto si ferma, si mette in guardia, alza la spada, piglia la mira; il toro lo guarda; ancora un istante, e si slancieranno addosso, l'un all'altro, nello stesso punto; uno dei due deve morire; diecimila sguardi corrono con una rapidità fulminea dalla punta della spada alla punta delle corna, dieci mila cuori battono di ansietà e di terrore, tutti i visi sono immobili, non si sente un respiro, l'immensa folla par pietrificata, — ancora un istante, — ecco il punto! Il toro si slancia, l'uomo vibra la spada; un solo altissimo grido, seguito da uno scoppio tempestoso di applausi, prorompe da ogni parte; la spada penetrò fino all'elsa nel collo del toro, il toro barcolla, e gettando dalla bocca un fiotto di sangue, cade come colpito da un fulmine. L'uomo ha vinto! Allora segue un tumulto indescrivibile; la moltitudine sembra forsennata; tutti si levano in piedi, scotendo le braccia, gettando alte grida; le signore sventolano i fazzoletti, batton le mani, agitano i ventagli; la banda suona; l'espada vincitore s'avvicina alla barriera e fa il giro dell'arena; via via che passa, dalle gallerie, dai palchi, dalle gradinate, gli spettatori rapiti d'entusiasmo gli gettano addosso manate di sigari, portafogli, bastoni, cappelli, tutto quello che cade loro sotto le mani; in pochi momenti il fortunato torero ha le braccia ingombre di roba, chiama in soccorso i capeadores, rigetta i cappelli agli ammiratori, ringrazia, risponde come può ai saluti, alle lodi, ai titoli gloriosi che gli si gridan