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toledo. 257


uomo su quei dirupi gli debba cadere addosso dall'alto delle mura una tempesta di freccie. Scendete dal treno, montate in una carrozza, arrivate all'imboccatura di un ponte. È il famoso ponte d'Alcantara, che accavalcia il Tago, sormontato da una bella porta araba in forma di torre, che gli dà un aspetto ardito e severo. Passato il ponte, vi trovate in un'ampia via che sale a larghi serpeggiamenti fino alla sommità della montagna. Qui vi par proprio di essere sotto una città forte del medio evo, e di trovarvi voi stesso nei panni d'un arabo o d'un goto o d'un soldato di Alfonso VI. Da tutte le parti vi pendon sul capo roccie scoscese, mura diroccate, torri, e rottami di antichi bastioni; e più su, l'ultimo muro di cinta della città, nero, coronato di merli enormi, aperto qua e là da grandi breccie, dietro le quali fan capolino le case prigioniere; e via via che salite, vi par che la città si ristringa e si nasconda. A mezzo la salita, incontrate la Puerta del Sol, un gioiello di architettura araba, composta di due torri merlate, che si congiungono sur una graziosissima porticina ad arco doppio, sotto la quale passa la strada antica; e di là, se vi voltate indietro, vedete giù il Tago, la pianura, i colli. Passate oltre, trovate altre mura e altre rovine; e finalmente le prime case della città.

Quale città! Sul primo momento mi sentii mancare il respiro. La carrozza aveva infilato una stradina tanto stretta che i mòzzi delle ruote toccavan quasi i muri delle case.