Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/351

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siviglia. 345


fuori, pare una fortezza: è tutto cinto di alte mura, di torri merlate e di vecchie case, che formano davanti alla facciata due spaziosi cortili. La facciata è nuda e severa come le altre parti esteriori dell'edifizio. La porta è ornata di arabeschi dorati e dipinti, fra i quali si vede una iscrizione gotica che accenna il tempo in cui l'Alcazar fu restaurato per ordine del re Don Pedro. L'Alcazar, infatti, benchè sia un palazzo arabo, è opera più dei re Cristiani che dei re Arabi. Fondato non si sa precisamente in che anno, fu ricostrutto dal re Abdelasio verso la fine del dodicesimo secolo; conquistato dal re Ferdinando verso la metà del secolo decimo terzo; rifatto una seconda volta, nel secolo seguente, dal re Don Pedro; abitato poi, per più o meno tempo, da quasi tutti i re di Castiglia; e infine scelto da Carlo V per celebrarvi il suo matrimonio coll'Infanta di Portogallo. L'Alcazar fu testimone degli amori e dei delitti di tre schiatte di Re; ogni sua pietra desta un ricordo e custodisce un segreto.

Si entra, si attraversano due o tre sale, nelle quali non riman più d'arabo che il soffitto e qualche musaico a piè dei muri, e si riesce in un cortile dove si rimane attoniti dalla meraviglia. Un portico ad archi elegantissimi si stende lungo i quattro lati, sostenuto da colonnine di marmo, unite a due a due; e gli archi e i muri e le finestre e le porte son coperte di sculture, di musaici, di arabeschi intricatissimi e delicatissimi, dove traforati come veli di trina; dove fitti e chiusi come tappeti trapunti; dove