Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/411

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granata. 405


due fontane monumentali che gettan l’acqua a larghi sprazzi ricadenti in finissima pioggia vaporosa, e tra viali e viali, ruscelli cristallini, e in mezzo, un giardino tutto rose e mirti e gelsomini e schizzi d’acqua; e da un lato il fiume Genil che scorre in mezzo a due sponde coperte di boschi d’allori, e lontano i monti coperti di neve, sui quali le palme lontane disegnano le loro fantastiche chiome; e per tutto un verde vivo, chiuso, stracarico, che lascia vedere qua e là qualche striscia di cielo d’un color zaffiro che innamora.

Tornando dall’Alameda, incontrai un gran numero di contadini che uscivan dalla città a due a due, a drappelli, colle loro donne e i loro ragazzi, canterellando e celiando. Il loro vestire non mi parve diverso da quello dei contadini della campagna di Cordova e di Siviglia. Avevano il cappello di velluto, alcuni colla tesa larghissima, altri colla tesa alta e ricurva; una giacchettina fatta di liste di panno di vario colore, una fascia rossa o azzurra, calzoni stretti, abbottonati lungo la coscia, e un par di ghette di cuoio aperto da un lato in modo da lasciar vedere le gambe. Le donne son vestite come nelle altre provincie, e non v’è differenza notevole neanche nei visi.

Andai a casa del mio amico, e lo trovai sepolto nei suoi studi archeologici, davanti a un mucchio di vecchie medaglie e di pietre istoriate. Mi ricevette con una allegrezza e una cortesia carissimamente andalusa, e scambiati che ci fummo i primi