Pagina:De Amicis - Spagna, Barbera, Firenze, 1873.djvu/438

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432 granata.


le rovine della casa del Cadì, la torre dell’Acqua, la torre delle Infante, la torre della Prigioniera, la torre del Candil, la torre dei Picos, la torre dei Pugnali, la torre dei Siete melos, la torre del Capitano, la torre della Strega, la torre delle Teste, la torre delle Armi, la torre degli Idalghi, la torre delle Galline, la torre del Cubo, la torre dell’Omaggio, la torre della Vela, la torre della Polvere, gli avanzi della casa di Mondejar, i quartieri militari, la porta di ferro, i muri interni, le cisterne, i passeggi; perchè ha da sapere che l’Alhambra non è un palazzo, ma una città; e che ci sarebbe da passar la vita a cercar arabeschi, a leggere iscrizioni, a scoprir ogni giorno un nuovo colpo d’occhio di colline e di montagne, e a andare in estasi una volta regolarmente per ognuna delle ventiquattr’ore della giornata.”

Ed io credevo d’aver visto l’Alhambra!


Per quel giorno non ne volli saper altro, e Dio sa come avevo la testa quando tornai all’albergo. Il giorno dopo, allo spuntar del sole, ci ritornai; ci ritornai la sera; e continuai a andarci ogni giorno per tutto il tempo che rimasi a Granata, col Gongora, con altri amici, coi ciceroni, solo; e l’Alhambra mi parve sempre più vasta e sempre più bella, e ripercorsi quei cortili e quelle sale, e vi passai ore ed ore, seduto tra le colonne o appoggiato alle finestrine, con un piacere di più in più vivo, scoprendo ogni volta bellezze nuove, e abbandonandomi sempre a quelle vaghe e deliziose fantasie, fra le quali