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l'oceano giallo 161


Una parola che intesi mormorare sul suo passaggio mi fece tremar per lei, se l’avesse intesa: — Ecco la tisica. — Ma non l’intese. Dei ragazzi le andavano incontro, ed essa dava loro delle mandorle e dell’uva secca, carezzandoli sulle guance. A un certo punto, un emigrante avendole messo il piede sullo strascico, per inavvertenza, le si staccò il vestito sul fianco, e scoprì un palmo di sottana bianca. Mentre si raggiustava, le si avvicinò il dottore, e tutt’e tre discesero nell’infermeria.


Discesi dietro a loro. Andavano a visitare il vecchio contadino piemontese, malato di polmonite.

Il pover uomo era assai peggiorato. Coricato là nella sua cuccetta scura, con la barba grigia lunga, che lo faceva parere anche più scarno, aveva l’aspetto d’un morto disteso dentro una cassa, a cui fosse stata levata un’asse da un lato. All’apparire della signorina, che doveva aver già veduta più volte, fece quella contrazione della bocca, che annunzia il pianto nei bambini e nei malati sfiniti. E disse, con un nodo nella gola:

A’m rincress per me’ fieul!

M’accorsi che quelle parole diedero una stretta

De Amicis, Sull'Oceano. 11