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316 | sull'oceano |
che si toccavano; ed essendosi tamburati anche là, erano stati chiusi in due ripostigli. Poi la bolognese, offesa d’una rispostaccia del panattiere di bordo, gli aveva rifilato un ceffone maiuscolo, per cui era stata chiamata dal Commissario. E come accade sempre, essendo contagioso l’esempio, erano accadute altre baruffe: parecchie donne avevano le trecce disfatte e il viso graffiato. Poi i ragazzi s’accapigliavano, aggrovigliandosi otto o dieci insieme, e rotolavano sul tavolato in gruppi confusi, che i parenti accorrevano a districare, prodigando sculacciate e scarpate alla cieca, e caricandosi fra loro di contumelie. L’irritazione aveva invaso perfin la cucina, dove, per rivalità di vendite di contrabbando, era scoppiato un accanito diverbio fra il cuoco e i suoi aiutanti, che si sentiva per tutta la prua, accompagnato da uno strepito furioso di cazzaruole.
Per noi di prima le cose si guastarono ancora alla colazione, che fu cattiva, e resa peggiore dal silenzio e dal cipiglio addirittura tragico del comandante, il quale avea sul cuore un affare, oltre a quello dei quarantasette, assai grave. Un’ora prima gli s’era presentata con molta dignità la madre della pianista, e gli avea sfoderata una protesta in tutte le forme contro gli