Pagina:De Cesare - Roma e lo Stato del Papa I.djvu/149

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preveduto che quel punto della città sarebbe diventato il cuore della nuova Roma.

Più giù era la bottega di Lorenzo Suscipi, primo ottico del tempo, e primo a introdurre in Roma il dagherrotipo, seguito poi dal gesuita padre Vittorio della Rovere, il quale, uscito dal Collegio Romano, aprì uno studio di fotografia. Al Suscipi seguiva una pasticceria svizzera, dove un buon padre di famiglia comperava con cinque baiocchi cinque paste, e con egual prezzo, mezza foglietta di ratafia. Il pasticcere era il Caflichs, che, in pochi anni, mise insieme una fortuna. Dov’è oggi il negozio Tisiotti, v’era il grande magazzino di mode di Lucia Ripari, detta dalla sua terra di origine la Lucchesina, che fece anch’essa fortuna, e costruì una casa al Corso, all’angolo di via Frattina. E infine, al palazzo Raggi, c’era l’officina di Fortunato Castellani, il quale di là passò più tardi in via Poli: allora piccola officina, ma già notissima e frequentata dai forestieri. Accanto era la bottega del signor Mauche, primo ad introdurre in Roma l’argenteria Cristophle; e più innanzi, al posto dov’è oggi il negozio Pontecorvo, si apriva il magazzino della sarta e modista Borsini-Duprez, che serviva l’alta aristocrazia. Al piano nobile del palazzo Ruspoli, abitava il comandante francese, e al pianterreno era il famoso caffè Nuovo, del Ricci, il più ampio di Roma, perchè occupava i saloni da San Lorenzo in Lucina al portone di mezzo; mentre, a Fontanella di Borghese, erano le sale da bigliardo. Per quanto i francesi l’avessero battezzato Café Militaire Français, non perse mai il titolo originario. Fu questo caffè, che adoperò pel primo il gaz con gazometro proprio. E più giù, in piazza San Carlo, il palazzo del banchiere Lozzano fu acquistato dai signori Neiner e Bussoni, ricchi costruttori di carrozze, che ne fecero il grande albergo di Roma, il più ampio ed elegante della città. Più avanti ancora, nel magnifico palazzo Feoli, già Randanini-Capranica, acquistato poi dall’Odescalchi, prese stanza l’ambasciata russa, stanca della lunga dimora al palazzo Giustiniani, che aveva ospitato Nicolò I, quando venne a Roma, come si legge nella iscrizione murata nelle scale. Al cantone di via della Croce era il caffè Africano, così chiamato perchè aveva sulla porta una gran tigre dipinta. La nota grigia era poi data al Corso dal-