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cospirazioni e cospiratori - il processo del 1853 161

miglie dei carcerati, e con la protezione di quanti erano sospetti di aver partecipato agli attentati, che in quei giorni si succedevano, contro agenti pontificî e soldati francesi: attentati, che, sebbene non voluti dal sottocomitato, non eran potuti da esso impedire. L’Associazione Nazionale, oltre alla sua stampa clandestina, ebbe a Roma anche una polizia così bene organizzata, da lasciarsi di gran lunga indietro quella francese e la pontificia, unite insieme.

Crebbero i dissensi, quando, nel 1852, dopo la proclamazione dell’impero in Francia, il Mazzini e i suoi amici manifestarono il proposito di tentare nuovi moti in Italia, e singolarmente a Roma e a Milano. Il Checchetelli, il Mazzoni e il Piccioni, coi loro amici più influenti dell’associazione e dei comitati, si dichiararono contrari a qualunque movimento, che giudicavano intempestivo, e non avrebbe avuto altro effetto che far nuove vittime. Aggiungasi, che il colpo di Stato in Francia aveva rotte le illusioni mazziniane, e ricacciata di molti anni indietro la repubblica popolare. Ma il Petroni, nel quale l’orgoglio era pari alla tenacia del volere, non si lasciò scorare. E fu dopo il pazzo tentativo di Milano del 6 febbraio 1853, che il dissenso degenerò in clamorosa ostilità, non iscompagnata da vicendevoli accuse di viltà e di tradimento; in conseguenza delle quali, mentre i fedeli nel verbo mazziniano si chiamarono puri o puritani, ai dissidenti attribuirono per ironia il nome di fusi, fusionisti, o costituzionali.


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Queste ostilità diedero luogo ad un manifesto redatto da Vincenzo Gigli, in data 9 aprile, e sottoscritto dal Checchetelli, dal Silvestrelli, dal Piccioni, dallo Zuccarelli e dal Mazzoni, nonchè dai membri del comitato di guerra, nel qual documento i fusi, o fusionisti si dichiararono fautori della riunione di tutte le forze liberali italiane, senza distinzione di forma politica. E così conchiudeva quel manifesto: «Distrutta la potenza usurpata dal prete tiranno, le schiere della repubblica si stringano ai valorosi di Goito, di Curtatone e di Venezia, e formino un solo Nazionale esercito. Ovunque s’innalzi una bandiera italiana,