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cospirazioni e cospiratori - il processo del 1853 | 175 |
tendeva far pagare alle famiglie degli uccisi le spese per l’esecuzione e sepoltura! Lo stato finanziario delle vittime mostrò che essi non avevano beni di fortuna. Tutto ciò avveniva un anno e mezzo dopo la tragedia!...
I maggiormente perseguitati erano gl’israeliti, i quali abbondavano a Ferrara. Al Circolo di conversazione fu intimato lo scioglimento, se non ne fossero stati espulsi Pacifico Cavalieri, padre di Enea, e suo cognato Salvatore Anau, già deputato alla Costituente; fu vietato ai giovani israeliti di frequentare l’Università, e negli ultimi anni le persecuzioni contro di essi rincrudirono al punto, che alcune famiglie cercarono ricovero a Venezia, dove l’Austria mostravasi più mite. La famiglia Pesaro fu tra queste, e la signora Lietta Pesaro, che sposò più tardi Leone Romanin Jacur, se ne ricorda bene.
A Perugia l’ordine pubblico fu turbato sulla fine del maggio 1849 da tre tentativi di assassinio politico: il primo in persona di un soldato austriaco, che rimase ucciso; il secondo in persona del canonico Pascucci, professore all’Università; e il terzo contro il conte Donini: eccellenti cittadini l’uno e l’altro, che per fortuna scamparono dalla morte. Si disse che i settari volessero protestare ad un tempo contro l’occupazione straniera, contro il clero, e contro l’aristocrazia. Non vi furono altri attentati, e di esecuzioni una sola: quella di certo Angeloni, soprannominato Berlicche, avvenuta ad Umbertide. I particolari di essa sono stati narrati recentemente nell’Archivio storico del risorgimento umbro da Giuseppe Bertanzi. Nella stessa rassegna, il compianto Mazzatinti, poco tempo prima di morire, scrisse uno studio curioso circa i rapporti fra monsignor Girolamo d’Andrea, commissario pontificio a Perugia, e il vescovo Pecci. Risulta, che fra i due prelati vi era decisa incompatibilità di carattere, per cui si accusavano a vicenda presso il Papa di essere poco zelanti in politica; anzi il D’Andrea avrebbe bollato il Pecci di liberalismo, ricordando che nel 1848 egli era andato a salutare i volontari, che partivano per la guerra dell’indipendenza, che aveva ospitato il Gioberti, festeggiata la Costituzione, che non aveva voluto illuminare le finestre del suo palazzo al ritorno del Papa, e ch’era andato in processione «con un drappello di femmine vestite all’italiana fra una selva di bandiere