Pagina:De Cesare - Roma e lo Stato del Papa I.djvu/211

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le strade ferrate 193

Il giorno 11 maggio 1863, il Papa percorse per la prima volta la linea Roma-Ceprano, nel bel vagone offerto dalla società. Arrivò a Velletri alle 6 1/2 pomeridiane, e smontato al palazzo del comune, ammise, nella gran sala delle lapidi, al bacio del piede, le varie deputazioni della provincia. Il giorno 12 si recò in vettura alla badia dei Santi Pietro e Stefano di Valvisciòlo, regalatagli dal duca Filippo Caetani; il 13 andò a Frosinone, dove fu innalzato un arco di trionfo, e vi restò due giorni, assistendo alla festa dell’Ascensione; il 15 visitò la badia di Casamari; il 16 andò ad Alatri; il 17 si recò alla famosa fattoria «Tichiena» dei certosini di Trisulti, che era tutta una selva di ulivi, e v’ebbe dai monaci così grandi accoglienze, che ne dura ancora la memoria; il 18 fu a Ceprano, dove riprese il treno, e il 20 ritornò a Roma. A Ceprano, come dappertutto, non potevano essere più entusiastiche le dimostrazioni; e Francesco Martorelli, che per motivi di ufficio vi era presente, ricorda la visibile commozione del Pontefice dinanzi a tanta esultanza.


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Bisogna non obliare, per debito di sincerità storica, che la società delle ferrovie Romane si trovò, quasi dal primo giorno, politicamente ed economicamente, in condizioni eccezionali, non prevedute e nemmeno prevedibili. Nel 1859 il Papa perdette le delegazioni; e nel 1860, le Marche, l’Umbria e gran parte della Sabina; onde, obbligata a costruire la maggior parte delle proprie linee in territorio divenuto straniero, essa si trovò soggetta a due governi in violenta ostilità fra loro. Dei 500 chilometri da Roma a Bologna, soli 38 appartenevano al territorio pontificio sino al Corese. Fu proprio nel 1862 che la società, imponendosi nuovi sacrifizi, potè dare alla sua impresa maggiore sviluppo, ottenendo la linea da Ceprano a Napoli, assumendo quella da Civitavecchia al Chiarone, concessa al conte di Villemont e al signor Du Pré, senza la guarentigia di alcun minimo interesse, ed acquistando più tardi le linee livornesi, e quelle della Centrale Toscana ad un prezzo non pagato dal prodotto. Ma questo gesto audace le fruttò purtroppo nuove delusioni, perchè le linee acquistate e le proprie erano, più o meno, tutte passive. Con-