Pagina:De Cesare - Roma e lo Stato del Papa I.djvu/329

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teatri, giornali e strenne 311

e nel brindisi del Macbeth, al

Si colmi il calice...


fu sostituito il

Si colmi il nappo.


E Al suon dell’arpe angeliche del Poliuto fu sostituito: Al suon dell’arpe armoniche. Pio IX, cui nulla rimaneva nascosto di quanto avveniva, uscendo a passeggio in quei giorni, al cocchiere, che domandò dove volesse andare, rispose, invece di porta Angelica: fuori porta armonica, e dette in una gran risata. E nel Natale del 1860, i canonici di San Pietro, temendo una dimostrazione liberale nella basilica, omisero di cantare l’antifona: O Emanuel rex et legifer noster, expectatio gentium et salvator earum, veni ad salvandum nos.


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Il solo giornale, che vedeva la luce quotidianamente, tranne i giorni festivi, era il Giornale di Roma, che comprendeva tutta la vita economica e politica dello Stato pontificio, nella parte puramente ufficiale. Registrava le nomine ecclesiastiche e laiche anche le più umili, come quelle dei sensali; le ordinanze di polizia, le comunicazioni del governo, le sentenze di condanna dei tribunali militari austriaci e francesi, i concistori con le relative allocuzioni, gli editti del segretario di Stato e le disposizioni per i disarmi, all’indomani di qualche omicidio impressionante. Quando non vi era nulla di simile, si leggevano in prima pagina gli atti ufficiali degli altri Stati italiani, a preferenza della Toscana e di Napoli, togliendoli dai rispettivi fogli ufficiali. Nessun verbo della vita cittadina, o cronaca come si direbbe oggi; nessuno studio, o accenno sulle condizioni economiche dello Stato; di feste religiose qualche non prolissa descrizione, e di feste mondane, il semplice annunzio. Ogni giorno il Giornale di Roma registrava in quarta pagina i nomi deì forestieri, che arrivavano o partivano; e i napoletani erano detti «sudditi di regno», e il regno era quello di Napoli, esclusa Aquila, perchè Aquila, sia per la vicinanza, sia per i


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