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Pagina:De Gubernatis Galateo insegnato alle fanciulle.djvu/58

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LEZIONE XII.

Emulazione ed invidia.

Quando una fanciulla trovasi fra le sue coetanee, è assai facile che confronti i suoi vezzi naturali, il suo modo di vestire, le sue maniere urbane, la sua istruzione, i suoi pensieri, i suoi sentimenti con quelli delle compagne, si senta umiliata, se si trova ad esse inferiore, e se ne compiaccia, se s’accorge di superarle. Questa tendenza è ottima, quando non oltrepassi un certo limite, imperocchè sprona allo studio, al perfezionamento fisico, intellettuale e morale, ed opera veri prodigi. Molti difetti si correggono, molte cattive tendenze si vincono mercè l’emulazione. Ma guai se questa suscita in cuore l’invidia, cioè il dispiacere pel bene altrui, il godimento per l’altrui male! Lungi dall’essere un mezzo di miglioramento, diventa uno strumento di corruzione. — La fanciulla invidiosa non ha più pace, non ha più gioia. Come se un verme le corrodesse il cuore, ella diventa pallida, macilente, cupa, solitaria. Ella rumina di continuo sul modo di far isfigurare colei che invidia, perchè forse più bella, più ricca, più colta, più cortese di lei. Interpreta male ogni suo atto o detto, l’irrita con insulti, soffre le pene della tortura se la vede stimata, encomiata, amata, e solo respira quando qualcuno ne dice male, quando in iscuola è delle ultime della classe, quando è punita per qualche fallo ed in società