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Pagina:De Joinville, Galvani - La sesta crociata - 1872.djvu/240

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176 la sesta crociata.

vanti a ginocchi; ed elli mi fece levare e sedere; e quando fui assiso, mi va a dire: Siniscalco, voi sapete bene ch’io ho sempre avuto fidanza in voi, e vi ho tanto amato, e tuttavolta le mie genti m’han rapportato che voi siete si duro ch’essi non vi possono contentare di ciò che vi prometton di gaggi, or come è ciò? Ed io gli risposi: Sire, io non so a punto ciò ch’essi vi rapportino, ma quanto è di me, s’io dimando buon salario, non ne posso altro; perchè voi sapete bene che quando fui preso sull’acqua, allora io perdei quanto che avea, senza che mi dimorasse nulla dal corpo in fuori, e per ciò non potrei io intertenere mie genti a poco di cosa. E ’l Re mi domandò quanto io voleva avere per la mia compagnia sino al tempo di Pasqua a venire1, che erano li due terzi dell’annata. Ed io gli dimandai due mila lire. Or mi dite, parlò il Re, avete qualche Cavaliero con voi? Ed io gli risposi: Sire, ho fatto dimorare Messer Piero di Pontemolano ed altri due Banneretti, che mi costano quattrocento lire ciascuno. E allora contò il Re sulle sue dita, e mi disse: Sono dunque milla e dugento lire che vi costeranno i vostri Cavalieri e lor genti d’arme. Al che soggiunsi: Or riguardate pertanto, Sire, s’egli non farà d’uopo di ben ottocento lire per montarmi di arnesi e cavalli, e per dare a mangiare ai miei Cavalieri sino al tempo di Pasqua? Allora il Re disse alle genti di suo Consiglio ch’egli non vedeva punto in me d’oltraggio nè di dismisura, e mi va a dire, ch’elli mi riteneva a suo spendio.


  1. Cioè a quella del 1251.