Pagina:De Marchi - Demetrio Pianelli, 1915.djvu/101

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S’era fatto di tutto per portar via il suicida in segretezza, nell’ora che gli amici vanno a pranzo. I giornali, tranne uno, avevan taciuto la cosa e non era stato nemmeno impossibile di far credere a Beatrice e ad Arabella che la morte fosse conseguenza di una sincope, di una congestione. Cesarino andava soggetto a forti mali di capo: gli strapazzi del carnevale, il correre, l’affannarsi, l’agonia di un vecchio amico.... Insomma un po’ per uno, coll’eloquenza che in queste circostanze la carità spontaneamente suggerisce, si diede alla povera donna la tremenda notizia, vestita alla meglio di una santa bugia; e fatta venire una carrozza, Demetrio, colle belle e colle buone riuscì a condurre la vedova e i ragazzi, più storditi che persuasi, alle Cascine Boazze, in casa di un parente. Egli tornò subito a Milano.

Ora cogli occhi fissi al cerchio della ruota che girava innanzi a lui, dopo due giorni di corsa, di affanno, di stordimento, cominciava a riordinare un poco la matassa arruffata de’ suoi pensieri. Era un sogno doloroso da cui non poteva svegliarsi. Colle tristezze nuove si mescolavano le reminiscenze vecchie della sua vita passata, i dissidî domestici, i lunghi guai che lo avevano diviso da suo fratello.

Demetrio era nato dalla prima moglie di Vincenzo Pianelli, un buon affittaiuolo per il