Pagina:De Marchi - Demetrio Pianelli, 1915.djvu/279

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mente Beatrice, come se non avesse ascoltato nulla.

— O crede che tutti gli uomini siano egoisti a un modo? così giovane, così bella.... — sospirò il cavaliere.

Un singhiozzo breve e rotto, mescolandosi alle parole, tradì più che non fosse nelle intenzioni, i sottintesi e l’agitazione dell’oratore.

Beatrice, che quasi rideva ancora, alzò le palpebre e credette di scorgere delle vere lagrime negli occhi lustri del suo benefattore, che sprofondando sempre più nel molle, cercò di trarre a sè la bella manina, la imprigionò nelle sue colla tenerezza con cui si prende e si carezza una cosa viva.

Beatrice s’irrigidì un poco e si ritrasse con un movimento scontroso.

— Io vorrei essere un re per dare a questa bellezza il trono che merita.

Sorpreso anche lui, assalito, trascinato come una pecora dalla potenza cieca della sua passione, il povero signore non ponderava più, non connetteva più. I consigli della vecchia prudenza, che aveva sempre predicato di prendere le lepri col carro, questa volta non arrivavano più fino a due orecchie intontite dal sangue e dalla vertigine.

Beatrice impallidì e cercò di alzarsi. Ma, trattenuta delicatamente, ficcò i grandi occhi