Pagina:De Marchi - Demetrio Pianelli, 1915.djvu/298

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to a sè), si preparò alla difficile e complicata impresa di svestire il bambino che pareva un sacco di stracci. Gli tolse le scarpe, le calzette, lo voltò, lo rivoltò sul letto, in cerca degli occhielli e dei bottoni, e, dopo molta pazienza, gli riuscì di pigliarlo sulle braccia non vestito che di una camiciuola, che non vestiva quasi niente.

Quel fagottello pesante di carni tiepide e bianche in cui si sentiva correre il sangue: quel respiro dolce che usciva attraverso a un sonno di bronzo, che aveva la forza di tirar giù la testa del ragazzo, mettendo in luce la bella attaccatura del collo — la bellezza della mamma: — quei piccoli piedi rosei, lisci, senza una ruga, che visti contro la fiamma della candela parevano due garofani sfogliati: quelle molli infossature nel bianco delle carni in cui pareva di scorgere l’impronta delle dita del Creatore: quel profumo di bontà che hanno i bimbi, tutto suscitò nel sasso sterile dell’uomo selvatico un sussulto di tenerezza.

— Vuoi bene alla mamma? — sussurrò all’orecchio del bimbo addormentato. — Naldo, vuoi bene alla mamma?

Naldo rispose con una leggera increspatura delle labbra, con un sorriso che stentava a sprigionarsi dal sonno:

— Ci.