Pagina:De Marchi - Demetrio Pianelli, 1915.djvu/418

Da Wikisource.

— 408 —

tando immagini lontane, che davano quasi il senso d’una vita vissuta in un altro mondo.

Anche questo: t-o-to.... finito!

Eppure in fondo a questa catastrofe, benchè si sentisse quasi schiacciato dalle sue stesse rovine, — va a spiegare anche questi misteri.... — non gli dispiaceva d’aver cantato, almeno una volta, una bella verità a un potente. Gli era cara, dolce, consolante l’idea d’aver osato alzare la voce — lui solo in mezzo ad una bega di ipocriti e di maliziosi — per difendere l’onestà di una povera donna. — Egli solo aveva avuto il coraggio di rispondere alle perfide malvagità del Quintina, alle offese del commendatore, parlando chiaro, chiamando gobbo il gobbo, vile il vile, sollevando di peso, quasi sulle sue braccia l’onestà di Beatrice al di sopra del fango. Cesarino non era uscito dalla sua fossa ad aiutarlo; e nemmeno il signor Paolino delle Cascine s’era fatto vivo in quel momento.

Di quell’opera buona e di coscienza il merito spettava a lui solo; nulla di più giusto quindi che ne godesse egli solo l’intima e gelosa consolazione.

A questa coscienza si appoggiava come a un bastone, e se ne faceva quasi uno scudo. No, non avrebbe cambiata la sua coscienza orgogliosa con quella del suo superiore e de’ suoi adulatori. Paolino, più fortunato di lui