Pagina:De Marchi - Demetrio Pianelli, 1915.djvu/495

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Giunsero così al cimitero. Arabella, già pratica del sito, ritrovò subito il piccolo monumento. Mentre la mamma, inginocchiata sulla terra sabbiosa del viale, sfogava il suo pianto nelle mani giunte, Arabella perdevasi lontano cogli occhi verso un cielo lontano, che andava coprendosi di nuvoloni bianchi di temporale. Il soffio fresco che mandavano quelle nuvole dissipò a poco a poco come dolce lavacro quell’ultima nebbia di sogni cattivi che era negli occhi, e la compassione amorevole, la compassione che scalda il cuore e che fonde tutto, la trasse più vicina alla sua mamma, che poco fa aveva conturbata colle sue parole. Pensò che la poverina non sapeva ancora com’era morto il papà e perchè avesse voluto morire così: e in questa sua coscienza sentì su quella donna inginocchiata a’ suoi piedi una superiorità morale, quasi una forza fisica di consolarla, di dominarla. Si accostò, le prese la testa tra le mani, la baciò sui capelli, col fazzolettino aiutò ad asciugare le molte lagrime che le bagnavano il viso, ma senza piangere essa, senza parlare. E rimase così un quarto d’ora, nel silenzioso e lento abbandono del dolore che non pensa, nell’aspro ed energico godimento della vita che soffre.

Si mossero più consolate e più in pace. Nell’uscire, quando furono sul ponticello che