Pagina:De Marchi - Demetrio Pianelli, 1915.djvu/53

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Il Pianelli stette un momento sopra pensiero, come se agitasse in testa un’altra questione spinosa, poi soggiunse:

— Scusi tanto.... ci rivedremo — e, strettami la mano, se ne andò via come se fuggisse davanti a un pericolo.

Il Comitato ordinatore del Circolo non aveva guardato a spendere, o per dir meglio, a comandare, perchè la festina del sabato grasso riuscisse ancor più splendida e più allegra delle altre volte.

Tra i festoni d’edera che giravano lungo le pareti, sostenuti da borchie e da mascheroni di carta pesta dorata, pendevano dei piccoli lampadari di Venezia, illuminati da candele di cera.

Tra un lampadario e l’altro brillavano degli specchi in vecchie cornici rococò circondati da ghirigori di mussolina gialla. Sulla scala, sui pianerottoli e per la gran sala da ballo era stato disteso un tappeto nuovo che ammorbidiva i suoni e dava ai piedi un senso voluttuoso di benessere: e nei vani, nei rientri delle finestre non mancavano giardiniere di fiori freschi, con qualche statuetta di gesso o di terra cotta che ricordavano alla lontana qualche divinità dell’antico Olimpo, il tutto preso a nolo da un addobbatore di teatri. Ogni signora (le ragazze eran poche e non brillavano troppo per freschezza) rice-