Pagina:De Marchi - Il cappello del prete, 1918.djvu/227

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stette un momento a guardare l’immagine sua con un occhio atterrito.

Per quanto egli avesse mutato di panni, la faccia del famoso cacciatore doveva essere rimasta impressa nella mente di Giorgio della Falda e degli altri contadini, specialmente l’occhio lucente e vivo e la barba intera di un nero di carbone. Se ne ricordava fin il conte Stagni! Se il cavaliere Martellini lo avesse messo di fronte all’accusato, era impossibile che questi non avesse a riconoscerlo. Se anche il barone avesse mentito fino allo spergiuro, era già troppo, al punto in cui si era arrivati, non che il sospetto, il suscitare l’ombra di un mezzo sospetto.

Come fare? Egli non poteva tôr via l’occhio da quella figura di là oltre i vetri che si accompagnava con lui. Il caso o un segreto istinto lo condusse davanti alla bottega del Granella.

L’occasione favorì anche questa volta i progetti del nobile sportman. Il figurino della moda venuto d’Inghilterra portava quest’anno come il non plus ultra dell’eleganza in materie di corse e di sport, una giubba rossa, stretta alla vita, stivali alla scudiera, calzoni chiari, e barba tagliata alla «derby», con due brevi basette o spazzolette sulle guancie, rasato e pulito il resto della faccia.

Granella, che era sempre al corrente dell’ultima parola della scienza, non ebbe bisogno di consigli per rendere il barone di Santafusca il più inglese dei napoletani.