Pagina:De Roberto - Al rombo del cannone, Milano, Treves, 1919.djvu/105

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il protocollo della “giovane italia„ 93


i consigli, le intenzioni, le mosse dei cospiratori italiani, dove sono trascritti e le cifre dei loro magri bilanci, degli oboli raggranellati per la gran causa o ricavati dalla vendita dell’Apostolato popolare — il giornale dell’Associazione che costava 5 soldi per chi poteva spendere, ma che si dava per 3 agli operai — non si possono leggere senza commozione. Il Mazzini non si contentava questa volta di avere con sè gl’intellettuali: voleva anche acquistar proseliti nel popolo, scendendo in mezzo ad esso. «È cosa che non abbiamo mai fatta e che faremo» — e che fece — ; e Giuseppe Lamberti, diligentissimo interprete del Maestro, gli scriveva da Parigi per dolersi che gli operai italiani fossero «mescolati nel Comunismo», che non avessero confidenza negli emigrati «aristocratici», che andassero da loro soltanto quando ne avevano bisogno: per guadagnarli alla causa nazionale, scriveva, «bisognerebbe esser a contatto con loro nelle lor fucine». Fin da allora c’era chi, movendo dal santo precetto che gli uomini debbono considerarsi ed amarsi come fratelli, presumeva che la patria dovesse posporsi al genere umano; ma al Mazzini, apostolo delle nazionalità, il Lamberti riferiva d’aver predicato: «Bisogna che siamo Italiani prima d’essere Umanitarii».

Non era possibile conseguire l’Unità, il grande scopo, il supremo dei beni, senza l’unione, e