Pagina:De Roberto - Al rombo del cannone, Milano, Treves, 1919.djvu/194

Da Wikisource.

nel quale, morto il vecchio Guglielmo I, Federico Guglielmo sale finalmente al trono col nome di Federico III. Vuole il destino che l’uomo tanto lungamente, tanto scrupolosamente preparatosi a meritare il suo altissimo ufficio, l’uomo che vorrebbe fare del suo regno "un benefizio per il popolo, una benedizione per l’Impero", il sovrano nella cui corona "l’oro ardente dovrebbe mescolarsi ai pallidi e dolci rami dell’olivo", il fautore del regime liberale, del sistema parlamentare, delle leggi democratiche, della giustizia sociale, della diplomazia leale, della politica conciliante, temperata e pacifica, debba afferrare lo scettro quando la sua mano sta per essere irrigidita dalla morte, che debba annunziare al popolo il suo grande disegno di governo quando non gli resta più un filo di voce nella gola invasa dal cancro.... Ma neanche dinanzi a quella tremenda agonia le ire e gli sdegni si placano. Egli - l’Imperatore! - non è libero di affidarsi ad un chirurgo di sua fiducia: perchè il chirurgo è inglese, i medici tedeschi e i pangermanisti arrabbiati gli si scagliano contro; un giornale, la Koelnische Zeitung, lo avverte di non uscire per le vie di Berlino "perchè il popolo lo farebbe a pezzi e lo lapiderebbe". Per suo conto, il Cancelliere, a cui qualcuno fa notare lo strazio atroce dello sciagurato sovrano, seccamente risponde: "Possibile, ma non ho tempo da fare