Pagina:De Roberto - Al rombo del cannone, Milano, Treves, 1919.djvu/29

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maria carolina di napoli 17

tre espressioni similmente ampollose ed enfatiche come vuole il temperamento della scrittrice, non mettono nessun sapore di romanzo nel succoso epistolario. C’è qua e là qualche nota salace: la Regina parla al ministro del male che le fanno le emorroidi e delle operazioni a cui è stata sottoposta per una fistola; gli manda anche la relazione dei medici accompagnata da disegni che ella stessa qualifica «molto indecenti»; ma questa mancanza di pudore potrebbe dimostrare non tanto l’abbandono dell’amante quanto l’ottusità e l’idiozia morale della donna. Si legga in quali termini ella parla della sensualità della nuora e della frigidità del genero, e il dubbio riescirà anche più legittimo.

La donna, appunto, è quella che noi cerchiamo nella Regina, e poche altre sovrane dimenticarono tanto la corona e lo scettro nel rivelare il proprio pensiero quanto Maria Carolina componendo queste sue lettere. Si dice che Napoleone Bonaparte la definisse: «il solo uomo delle Due Sicilie», e il giudizio potrebbe essere appropriato, considerando che razza d’uomo fu il Re suo marito e quali persone lo circondarono dopo l’allontanamento di Bernardo Tanucci; ma la virilità di Maria Carolina resta ancora da dimostrare, e in queste pagine, se mai, ne troviamo prove negative del tutto.

Ella adopera una violenza, una virulenza di