Pagina:De Roberto - Al rombo del cannone, Milano, Treves, 1919.djvu/75

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l'adriatico e le due sicilie a campoformio 63


accreditato; a Parigi l’ambasciatore siciliano aveva ottenuto qualche promessa dal signor di Talleyrand, ministro degli affari esteri, e da alcuni membri del Direttorio. Insisteva quindi il Ruffo perchè si venisse ad una conclusione, dimostrando come l’acquisto dell’arcipelago Jonio fosse «oggetto incontrastabile d’infinito ed essenziale interesse per noi», se si voleva evitare il danno che sarebbe derivato al Regno «per la posizione e vicinanza di altre potenti nazioni»: con i Francesi in Lombardia e nelle Marche, con gli Austriaci a Venezia, in Istria e in Dalmazia, egli vedeva «le barriere generali d’Italia aperte a nazioni potenti».

Ma quando gli affidamenti dovevano tradursi in fatti, cominciarono a spuntare le difficoltà. Il Talleyrand giudicava la Corte napolitana immeritevole di vantaggi per la sua condotta segretamente ostile alla Repubblica; e invano il Ruffo protestava contro l’accusa, e lo sfidava a provarla; e invano lo stesso ambasciatore francese a Napoli, il Canclaux, la dichiarava infondata: il Talleyrand negava fede al suo proprio inviato. E se il marchese di Gallo, da Udine, scriveva al Ruffo per esortarlo a sollecitare la pratica a Parigi presso il Direttorio, nulla potendosi ottenere dal Bonaparte, i Direttori rispondevano al Ruffo che bisognava, al contrario, trattare in Italia col generale, solo arbitro della situazione. E se l’ambasciatore