Pagina:De Roberto - Al rombo del cannone, Milano, Treves, 1919.djvu/87

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italia e grecia nelle lettere di giorgio byron 75


le ho condivise: pars magna fui....» Si potrebbe aggiungere dell’altro: basteranno per tutte le quattro righe della lettera del 28 settembre 1820 al Murray: «Gl’imbecilli che scrivono sull’Italia mi costringono a dar loro una clamorosa smentita. Parlano degli assassinii; ma che cosa è l’assassinio, se non l’origine del duello ed una giustizia selvaggia, come Bacone lo definisce? È la fonte del punto d’onore moderno, là dove le leggi non possono o non vogliono colpire....». Ecco dunque: nella sua simpatia per la nostra gente il poeta arrivava a giustificare ciò che altri, non senza qualche ragione, le rimproverava: la frequenza dei delitti di sangue e la facilità a farsi giustizia da sè!... Agli occhi degli uomini nordici, nati e cresciuti nella concezione e nella disciplina protestante, il cattolicismo dei nostri paesi suole anche riuscire antipatico: e il Byron dichiara invece al suo amico Hoppner, da Ravenna, di voler educare nella religione cattolica la figliuoletta per la quale ha trovato nella nostra lingua il nome di Allegra.

Vero è che talvolta egli si lasciò sfuggire qualche nota di biasimo sulla «rilassatezza» regnante nei costumi italiani a quei tempi; ma, prima di tutto, l’autore del Don Giovanni perdette il diritto di condannarla, dal momento che se ne giovò — e riconobbe del resto egli stesso d’averne perduto il diritto — ; in se-