Pagina:De Roberto - Al rombo del cannone, Milano, Treves, 1919.djvu/89

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italia e grecia nelle lettere di giorgio byron 77


Ravenna: «Gli affari spagnuoli e francesi hanno messo gl’Italiani in fermento: troppo a lungo essi sono stati calpestati. Riescirà uno spettacolo triste ai vostri squisiti viaggiatori» — è superfluo avvertire l’ironica intonazione di queste parole — «ma non per chi risiede nel paese e ne desidera naturalmente il risorgimento. Io resterò, se i cittadini me lo consentiranno, per vedere ciò che avverrà, e forse per fare un giro con loro in caso di bisogno, come Dugald Dalgetty» — il soldato di ventura di Walter Scott — «perchè lo spettacolo degli Italiani ricaccianti nelle loro tane i barbari d’ogni paese sarà il momento più interessante della mia vita. Ho vissuto abbastanza fra loro da sentirmi affezionato a questa nazione più che ad ogni altra, ma» — la riserva fu sciaguratamente vera allora e per qualche tempo ancora — «ma difettano d’unione e di direzione, e dubito che riescano. Tuttavia è probabile che facciano la prova, e se la faranno sarà per una buona causa. Nessun Italiano può odiare un Austriaco quanto l’odio io stesso: la razza austriaca mi pare la più detestabile che si trovi sotto la cappa del cielo, dopo la inglese....» Non accade qui fermarsi sulle ragioni che fecero il Byron nemico dei suoi proprii connazionali, nè distinguere per quanta parte il suo odio contro l’Inghilterra fosse sincero e giustificato, e per quant’altra ostentato e mentito: