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la legge abbia il suo corso. Le argomentazioni speciose, le interpretazioni sottili, le citazioni significative, l’arte oratoria, la competenza giuridica non fanno al caso mio. Io debbo esporre dei fatti, tocca a voi apprezzarli.

«La mia parola sarà disadorna: tanto peggio, o tanto meglio. Se fossi un letterato, scriverei un romanzo. Io non so scrivere, non so parlare: e la folla mi sgomenta. La timidità è il fondo del mio carattere. Bambino, io covavo dentro di me le mie piccole amarezze ed i miei piccoli dolori. Avevo vergogna di farmi vedere piangente. Non so se questa sia fortezza o debolezza d’animo; so che ero così. Poi, anche un altro motivo contribuiva al mio mutismo: la persuasione del nessun interesse che avrebbero avuto per gli altri le cose mie.

«Perchè mi avrebbero badato? Che cosa importava alla gente di quel che io pensavo o sentivo? Erano cose insignificanti, puerili, senza fondamento e senza valore. Puerili in sè stesse, e non perchè concepite da un ragazzo. Quando fui molto più inoltrato negli anni, lo stesso sentimento persisteva. Meno espansivo io ero, più confidenze ricevevo. Non facevo che ascoltare, attentamente, religiosamente. L’importanza che negavo alle cose mie, la trovavo nelle altrui. Chi aveva una speranza da formulare, una gioia