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acinti, delle camelie, ma non saprebbe che cosa farne. Il mio cuore e la mia casa erano vuoti; ella li aveva popolati; non c'era più posto per nessuno. Il codice che il signor sindaco ci aveva letto, parlava dei diritti del marito, degli obblighi della moglie, e che so io. Queste cose mi parevano assurde. In casa nostra non si comandava nè si ubbidiva. Con qual dritto avrei ingiunto a mia moglie: Fai questo o quest'altro? Coi soldatini, passi; li potevo schierare come volevo, raggrupparli, sbandarli, rovesciarli. Ma i soldatini stavano sempre a spall'arme. Mia moglie aveva dei muscoli, dei nervi, una volontà; e in ogni atto della vita la sua volontà valeva quanto la mia. L'uomo e la donna mi parevano due esseri diversi, ma equivalenti. Quando eravamo d'accordo, la questione era risolta. Nel caso contrario, io mi uniformavo al suo giudizio. Contrariarla, avrebbe forse potuto dispiacerle; secondarla, faceva certo piacere a me.
«Io non sono un'aquila d'ingegno, tuttavia spesso, nelle nostre discussioni, mi accorgevo della mia superiorità intellettuale. Ma rinunziavo a sfoggiare il mio sapere per darla vinta a lei. Talvolta, ella fraintendeva i miei ragionamenti e mi faceva la lezione; preferivo passare per sciocco, anzichè dimostrarle che aveva torto.