Pagina:De Roberto - Documenti Umani.djvu/141

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insofferente, trovando ogni giorno una ragione di muover lite, asserendo che morta la fiducia, la vita in comune non poteva più durare. Io mi facevo sempre più umile, sempre più paziente, sempre più premuroso; la vita senza di lei mi sarebbe parsa una nera cosa.... Poi, avrei voluto dirle che sapevo il motivo di quella sua irritabilità, di quelle sue provocazioni, che il motivo era il pensiero dell'altro, di cui ella non si era scordata.... ma non lo dicevo, per non soffiare sul fuoco. Ero molto triste, ma nascondevo la mia tristezza; se no, che merito avrei avuto del mio perdono?

«Un giorno, passando nella sua stanza da lavoro, le annunziai: «C'è di là Filippo.» Filippo era il giardiniere; anche quell'altro si chiamava così. Come ella fece un moto repentino e mal represso, io le dissi, tranquillamente, quasi ridendo: «Non è lui, è il giardiniere....» Ella scattò in piedi, mi colmò di rimproveri, andò a chiudersi in camera. Aspettavo impazientemente l'ora del desinare; ero pentito di quel che avevo detto, volevo abbracciarla, domandarle scusa, dirle infine che tutto questo non era ragionevole.... Quando fu l'ora, ella non comparve. Era andata via da sua madre; la mia casa era deserta....

«Quella casa, la nostra casa