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una voce 295

lecitato da brame violente, assicuratomi della umana impunità, col tradimento più nero, io armai la mia mano. Odo ancora i gemiti del caduto, fuggo ancora nella notte tremenda.... Ed era come se le mura, gli alberi, i monti, tutta la terra si rovesciasse dietro di me, perseguitandomi. La fuga era inutile; nessuno m’inseguiva, nessuno mi aveva scorto. Io portavo fra gli uomini la mia fronte alta e serena, la mia mano era ancora stretta dalle mani leali. Solo io leggevo un’accusa in ogni sguardo, in ogni parola, in tutte le cose; un’accusa sorda, implacabile.... Non era un’allucinazione della mente turbata? Tutto procedeva come di consueto, e nessuno mi rimproverava nulla.

«Internamente, il rimorso mi assiderava; io mi chiedevo tremante; qual gastigo mi è riserbato? e stavo sempre nell’attesa di mali terribili, delle più spaventose miserie del corpo e dello spirito.... Il gastigo non veniva, la vita scorreva egualmente, con le stesse vicende.

«Io mi chiedevo ancora, con più profondo terrore: Sarà forse la morte che mi colpirà, presto, prima che io abbia compita la mia carriera?... Ed io l’aspettavo da un momento all’altro; un triste sorriso m’increspava le labbra quando mi si parlava del domani. E la